E’ curioso che, dopo il fortunatissimo “V-Day”, tutti si divertano a etichettare l’attività di Grillo – populista, profeta, demagogo, ciarlatano - ma in pochi si prendono la briga di di fare altrettanto col suo folto pubblico. Eppure, dare del populista al pungente comico genovese significa implicitamente dare dell’imbecille a ognuno dei suoi fan, che non hanno esitato a seguirlo, saltando a piè pari dal codice html alla piazza. D’altronde non è semplice liquidare l’internauta medio come il solito frescone pronto a farsi incantare dal tele-predicatore di turno. Il pubblico dei blog è diverso dalla ben più omogenea massa degli schiavi del tubo catodico, da sempre prona alle manipolazioni verbali di chi sa parlare alla “pancia” dello spettatore. Il popolo dei blog è più sveglio, più attivo, sa quello che vuole, discute, si appassiona. D’altronde un blog va letto, parola per parola, frase dopo frase. Grillo sarà anche un demagogo, ma di certo si è scelto il pubblico più difficile, di quelli con la puzza sotto il naso e pronti a polemizzare a morte per difendere le proprie idee. Anche la decisione di palesarsi soltanto attraverso un blog implica una forte dose di coraggio o, a volerla vedere diversamente, perlomeno una forte fiducia in se stessi. Rinunciare alla mimica e a quell’abile alchimia di grida e sguardi fulminanti per affidare tutta la propria carica istrionica alla sola parola scritta significa, forse, essere convinti a tal punto della forza del messaggio da concedersi il privilegio di fare a meno di ogni “effetto speciale”.
Certo, Grillo, non rinuncia mai alla consueta passeggiata sul sottile filo della querela per diffamazione: e sarà anche marketing calcolato, come qualcuno sostiene, ma in un’epoca di “politicamente corretto” a oltranza, l’effetto per chi legge è quello di una boccata d’aria fresca.
Di sicuro nessuno si sarebbe mai aspettato che un comico potesse riuscire a trasformare la scrittura, per quanto gridata e polemica, in un mezzo capace di evocare adunate oceaniche. Ci sono voluti Grillo e i suoi “vaffa” perché il giornalismo (critico e scandalizzato come non mai) e la politica (disgustata ad arte ma spaesata davvero) si accorgessero che la Rete è diventata a tutti gli effetti uno strumento di comunicazione di massa. Concepiti fino a oggi come singole entità disgiunte tra loro e scollegate persino dal mondo reale, gli internauti si scoprono ora non solo capaci di aggregarsi sulla base di un sentire comune, ma addirittura in grado di coordinarsi, darsi uno scopo preciso e perseguirlo dal vivo, saltando al di là del modem.
Così, mentre il pianeta Internet si affanna a costruire il Web 2.0, quello in cui sono gli stessi utenti ad immettere nella rete il valore aggiunto, Grillo ne realizza la versione 3.0: anziché “virtualizzare contenuti reali, “realizza” (rende reali) i contenuti virtuali. Mentre dunque i buffi e inutili pupazzi di Second Life si radunano nelle piazzette digitali per assistere a comizi-videogioco (e facendo gridare al miracolo la stampa planetaria) gli utenti dei blog riempiono le piazze vere. Dietro il disprezzo (e la paura) del Palazzo e lo sberleffo dei quotidiani, c’è in fondo questa consapevolezza: che l’opinione espressa in Rete da tanti signor nessuno può avere forte rilevanza sociale. Addirittura politica. Ad ognuno resti il proprio giudizio sui predicatori, sui contenuti dei proclami, sulle modalità espressive, sul valore o disvalore dell’antipolitica. Quello che invece supera il campo delle considerazioni personali è la constatazione che c’è un canale in più attraverso il quale poter esprimere opinioni e organizzare il proprio dissenso, al di là e al di sopra di ogni controllo altrui. E quel canale siamo noi e i nostri link reciproci.
Certo, Grillo, non rinuncia mai alla consueta passeggiata sul sottile filo della querela per diffamazione: e sarà anche marketing calcolato, come qualcuno sostiene, ma in un’epoca di “politicamente corretto” a oltranza, l’effetto per chi legge è quello di una boccata d’aria fresca.
Di sicuro nessuno si sarebbe mai aspettato che un comico potesse riuscire a trasformare la scrittura, per quanto gridata e polemica, in un mezzo capace di evocare adunate oceaniche. Ci sono voluti Grillo e i suoi “vaffa” perché il giornalismo (critico e scandalizzato come non mai) e la politica (disgustata ad arte ma spaesata davvero) si accorgessero che la Rete è diventata a tutti gli effetti uno strumento di comunicazione di massa. Concepiti fino a oggi come singole entità disgiunte tra loro e scollegate persino dal mondo reale, gli internauti si scoprono ora non solo capaci di aggregarsi sulla base di un sentire comune, ma addirittura in grado di coordinarsi, darsi uno scopo preciso e perseguirlo dal vivo, saltando al di là del modem.
Così, mentre il pianeta Internet si affanna a costruire il Web 2.0, quello in cui sono gli stessi utenti ad immettere nella rete il valore aggiunto, Grillo ne realizza la versione 3.0: anziché “virtualizzare contenuti reali, “realizza” (rende reali) i contenuti virtuali. Mentre dunque i buffi e inutili pupazzi di Second Life si radunano nelle piazzette digitali per assistere a comizi-videogioco (e facendo gridare al miracolo la stampa planetaria) gli utenti dei blog riempiono le piazze vere. Dietro il disprezzo (e la paura) del Palazzo e lo sberleffo dei quotidiani, c’è in fondo questa consapevolezza: che l’opinione espressa in Rete da tanti signor nessuno può avere forte rilevanza sociale. Addirittura politica. Ad ognuno resti il proprio giudizio sui predicatori, sui contenuti dei proclami, sulle modalità espressive, sul valore o disvalore dell’antipolitica. Quello che invece supera il campo delle considerazioni personali è la constatazione che c’è un canale in più attraverso il quale poter esprimere opinioni e organizzare il proprio dissenso, al di là e al di sopra di ogni controllo altrui. E quel canale siamo noi e i nostri link reciproci.
Tratto da un editoriale di A. Maselli - Computer Idea n° 197
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