Da alcuni giorni molti di noi si stanno chiedendo se possa esistere qualche correlazione tra l'attività del vulcano islandese Eyjafjallajoekull e questo strano mese di maggio, freddo e piovoso oltre misura, le cui bizzarrie meteorologiche durano ormai da una quindicina di giorni. Sembra che la risposta sia negativa, almeno a quanto riferiscono gli esperti. La quantità di materiale vulcanico riversato nell'atmosfera non sarebbe tale da influenzare in modo significativo la circolazione nella troposfera e la temperatura dell'aria. Qualche conseguenza potrebbe avvenire, ma l'attività del vulcano dovrebbe persistere per alcuni mesi e un importante impatto atmosferico sarebbe avvertito solo dopo molti mesi dall'inizio dell'attività vulcanica. L'ipotesi iniziale non è comunque peregrina, qualcosa di simile sembra essere accaduto nel lontano 1816, passato alla storia come l'anno senza estate.
Il giugno e luglio di quell'anno infatti fecero registrare temperature quasi invernali in Europa, Canada e New England. La causa sembra essere stata l'eruzione del vulcano Tambora, nell'isola di Sumbawa, avvenuta l'anno precedente. I climatologi classificarono l'eruzione del vulcano Tambora del 1815 come la più grande produttrice di polvere atmosferica dal 1600 ai giorni nostri. "La polvere rimase sospesa nell'atmosfera per parecchi anni, riflettendo nello spazio la radiazione solare e riducendone in tal modo la quantità che di solito arriva al suolo". Le conseguenze climatiche di questa eruzione furono talmente marcate, da distruggere la raccolta di mais degli stati interessati. Purtroppo le fugaci cronache del tempo non forniscono un quadro coerente della situazione, ma "certi racconti dell'epoca più tarda, come le storie di contea, riferiscono di agricoltori che macellarono i loro greggi e di altri che addirittura s'impiccarono per le privazioni provocate da quell'estate fredda". La scarsità dei raccolti provocò un'impennata vertiginosa dei prezzi di farina e frumento. Il Vermont e il Maine furono gli stati maggiormente colpiti dal freddo e questo provocò un flusso migratorio verso Ovest mai registrato fino allora. In Europa l'estate rigida del 1816 colpì in modo particolare la Francia e la Svizzera. "Le pubblicazioni locali registrano il 1816 come un anno insolitamente freddo, asciutto e spiacevole. I tentativi di ripiantare il frumento estivo furono frustrati dalla mancanza di sementi nei granai di stato. Si dovettero macellare i maiali per insufficienza di foraggio. I registri parrocchiali riportano molti decessi che presentavano un'evidente associazione con la carestia. La fredda estate del 1816 non sfuggì all'attenzione degli scienziati dell'epoca ma, per quello che è stato possibile determinare, nessuno allora attribuì le imtemperanze del clima all'eruzione del Tambora dell'anno precedente, nonostante il fatto che le congetture di alcuni studiosi sugli effetti meteorologici della polvere atmosferica avessero ormai più di 30 anni di vita e che le cronache del cattivo tempo apparissero in molti giornali accanto alle notizie di grandi isole galleggianti di cenere vulcanica nel Pacifico".
Fonte: Henry Stommel ed Elizabeth Stommel - L'anno senza estate - Le Scienze, Agosto 1979
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