Il terremoto che ieri ha colpito Christchurch, città neozelandese di 340.000 abitanti, ha avuto una magnitudine di 6.3 sulla Scala Richter. La stessa città era stata colpita il 4 Settembre 2010 da un altro terremoto, allora l’intensità fu di 7 gradi Richter, ma i danni subiti furono minori e non si registrarono vittime, perché l’ipocentro era più profondo. Secondo Enzo Boschi, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) «Il terremoto è avvenuto in una faglia che non era nota, gli stessi geofisici locali non ne conoscevano l'esistenza. Infatti la zona colpita oggi era stata considerata in passato come una zona a bassissima pericolosità sismica». Non è dato sapere quanto sia vasta la zona a bassissima pericolosità sismica cui fa cenno lo studioso. Resta il fatto che l’evento sismico della Nuova Zelanda va inquadrato in un più vasto contesto geodinamico e tettonico. La Nuova Zelanda si trova infatti lungo la zona di subduzione che separa la Zolla Indo-Australiana da quella del Pacifico e fa parte dell' anello di fuoco circumpacifico, cioè di quella fascia a forma di cerchio interessata da imponenti fenomeni sismici e vulcanici, che si estende dal Sudamerica alle isole Aleutine per continuare nell'arcipelago giapponese e nelle Filippine.
Non è la prima volta che un terremoto catastrofico avviene in una zona ritenuta tranquilla dal punto di vista sismico. L’energia sismica dei terremoti solitamente si libera lungo faglie preesistenti, ma alle volte (seppur raramente) anche lungo fratture inattive o sconosciute. Sotto questo aspetto il 1976 rimase un anno emblematico. Infatti il il 27 luglio 1976 uno spaventoso terremoto rase al suolo la città di Tangsham in Cina e provocò la morte di 650.000 persone. La zona non era ritenuta particolarmente sismica e la mancata previsione del terremoto provocò una vasta eco nella comunità scientifica internazionale.
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